Si vive, in questi giorni, una sorta di espansione del ferragosto: le strade deserte, il silenzio delle macchine, che lascia emergere il canto degli uccelli, il brusìo delle foglie nuove degli alberi al vento. Solo, la temperatura non è quella di ferragosto: è una primavera fresca, infatti è tutto pieno di fiori. I giardini, i cigli delle strade, pullulano di papaveri, grispino, margherite, glicine, alberi di giuda come fuochi di artificio, per citarne solo alcuni. Più di quanto non accada a ferragosto, ci sono le condizioni ideali per andare in bicicletta.
Certamente tutto ciò succede per i motivi sbagliati. Non si è arrivati a questo perché la collettività si sia impegnata a trasformare i modi della sua mobilità: sono le conseguenze del lockdown, non il risultato di un nuovo modello di urbanità. Le strade sono sgombre di automobili perché le persone sono costrette in casa e questa, certamente, non è una cosa che faccia venire il buonumore.
Per chi usa normalmente la bicicletta, e continua ad usarla per gli spostamenti autorizzati verso il lavoro, come capita a me, sono giornate eccezionali: in sella alla bici, non solo si respira un’aria mai sentita a Roma, ma gli occhi sono liberi di muoversi, di guardarsi intorno, di sollevarsi verso il cielo di un blu commovente, che ricorda la profondità del mare, di cui tanto si sente la mancanza. Gli attraversamenti sono sicuri, improbabili i tagli di strada, inesistente la fila di lamiere arroventate e puzzolenti, a cui passare di lato, a pochi centimetri, con lo sguardo fisso, tra ruote e sportelli. Andare in bici adesso è un vero piacere per gli occhi.
Si possono cogliere particolari visivi che, normalmente preclusi ai passeggeri dei mezzi a motore, lo sono anche per chi va in bici in “tempo di pace”, poiché i suoi occhi non possono mollare un attimo l’attenzione dagli altri veicoli: fatta eccezione per i tratti ciclabili protetti, dalla bici in città normalmente si vede poco o niente, al di fuori di quello che fanno gli altri veicoli nella grande tela del traffico urbano. Complice la primavera e l’esplosione dei fiori, in questi giorni Roma dalla bicicletta è particolarmente bella. Se non fosse così bella per i motivi sbagliati, verrebbe da desiderare che resti così, che non torni come era fino a poche settimane fa.
Allora viene da pensare a tutte quelle persone, che sempre in cosiddetto “tempo di pace”, vorrebbero ma non osano utilizzare le loro biciclette per spostarsi: come non comprenderle, ci vuole un po’ di coraggio e tanto fatalismo per andare in bici a Roma. Ma se il futuro lo si vedesse dal punto di vista di una bicicletta al tempo del lockdown, forse apparirebbe una prospettiva luminosa, carica di aria fresca e di scorci colorati in lento movimento, di cui godere ogni giorno. È forse possibile trasformare un evento nefasto nell’occasione per conquistare le strade, ognuno debitamente socialmente distanziato, in sella alla propria bicicletta? È immaginabile la capacità di cogliere una simile occasione? Prima che si ritorni esattamente come si era, con lo sguardo tra parabrezza e cellulare, perché non tentare di fare un giro, adesso, in bicicletta?
Dall’automobile, che proceda ad una velocità di crociera, gli esseri umani possono fare esperienza di quel fenomeno del flusso ottico (scorrimento degli oggetti ai lati del campo visivo), che gli studiosi del comportamento delle api hanno identificato come il loro proprio sistema di calcolo delle distanze: gli oggetti ai lati del campo visivo scorrono velocemente, di più se sono vicini, di meno se sono lontani, e questa variabile è utilizzata dagli insetti per segnalare ai propri simili, durante la danza dell’addome, la distanza da percorrere per raggiungere un sito di approvvigionamento del polline (Randolf Menzel, Matthias Eckoldt, L’intelligenza delle api, Milano, 2017). Durante uno spostamento su un mezzo veloce, come una automobile o un treno, il viaggiatore ha questo tipo di percezione visiva e i segmenti di un guardrail emettono anche il loro caratteristico rumore. Si diventa un poco come insetti volanti e, ad alcune persone, questo fenomeno causa disturbi a livello vestibolare nella forma del mal d’auto. Avrà avuto in mente anche questo aspetto Franco Battiato quando, nella sua Shock in my town, cantava del fatto che gli umani stessero diventando come insetti?
Anche dalla bicicletta si può avere questo tipo di esperienza: dipende dalla velocità a cui si procede. Quando fece la sua apparizione in società, la bicicletta era un simbolo della modernità, dell’industria, persino della velocità. Così descriveva Marinetti la poesia della bicicletta:
I paracarri attenti cronometrizzano la corsa. Il mio corpo raccolto e compatto si geometrizza secondo i piani e le forze della bicicletta; ne vive la precisione meccanica di gambe-bielle salire scendere instancabili cocciute.
F. Tommaso Marinetti, Teoria e invenzione futurista, (Tomo 8, p. 245), Milano, Mondadori, 1968 http://www.tesionline.it/default/tesi.asp?idt=1674
Oggi la situazione si è completamente ribaltata e la bicicletta è invece associata, anche in modo denigratorio, alla lentezza, alla inutile fatica, all’anticaglia. E, a fronte dell’accelerazione insensata che hanno preso le esistenze di molti, la velocità ridotta della bicicletta le conferisce una umanità nobile, che non era certo nelle corde del futurista Marinetti. Nel terzo millennio esigere lentezza rappresenta la provocazione politica più innovativa per una visione sul futuro della gente umana.
Il tempo del lockdown ha imposto un rallentamento: per qualche settimana la nostra visione periferica è stata più ferma, non ha misurato chilometri di spostamenti. Pedalando in bicicletta, è stato possibile godere della strada, guardare le macchie di colore farsi incontro lentamente e poi passare, lasciando una memoria cromatica nella mente, simile a quelle che lasciano le pedalate delle vacanze. Muovendosi con lentezza e con rilassatezza, la visione centrale, quella che ci fa godere dei dettagli e dei colori, torna protagonista dell’esperienza umana nei confronti dell’ambiente in cui la persona si muove, respira, vive. Quando l’emergenza sarà passata, quando lo shock che ha colpito le nostre città sarà metabolizzato (ma lo shock quando è stato? C’era o non c’era già? E dopo?), prima che le strade siano di nuovo invase di automobili, prima che questa “occasione” svanisca come una bella bolla di sapone, proviamo a tornare alla vita in bicicletta?